La Marroneta



La Marroneta si trova alle pendici del Monte Falterona a 800 m di altezza, poco sopra il paese di Castagno d’Andrea,  nel comune di San Godenzo (FI). Ha una superficie di circa 5 ettari e ricade per metà all’interno del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. La proprietà, composta quasi totalmente da castagni secolari, è attraversata dalla antica Via di Cavallaia che oggi è in parte diventata un Sentiero Natura del Parco dedicato alla Civiltà del Castagno.

Si ipotizza che la Via di Cavallaia servisse ad unire i siti religiosi etruschi di Frascole e Poggio Colla nel Mugello al Lago degli Idoli sul Falterona.

Si parla di Civiltà del Castagno riferendosi all'insieme delle attività agricole, artigianali, di allevamento che ruotavano intorno alla coltivazione del Castagno. Questa attività è andata di pari passo alla colonizzazione dell'Appennino ed ha permesso lo sviluppo di una società che ha plasmato la fisionomia del paesaggio appenninico nel fondersi delle pratiche agricole ed architettoniche (vedi Progetto Le Valli)

Gli anni che precedono l'acquisto, avevano visto il lento degradarsi della marroneta a causa della mancanza della manutenzione necessaria, per cui è iniziato da subito un grosso lavoro di ripristino: potatura degli alberi, pulizia del sottobosco, pulizia dei fossi per permettere un corretto drenaggio delle acque.

Si è messo mano anche al restauro ed alla ricostruzione dei muretti a secco per combattere il dissesto idrogeologico, seguendo le indicazioni del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi riguardo gli elementi costitutivi del paesaggio.


In questo caso si tratta di paesaggio storico che l'abbandono della montagna ha quasi totalmente cancellato ma che tende a tornare alla luce una volta liberato dal sottobosco: muretti a secco, lunettamenti (piccoli muretti semicircolari messi a protezione delle piante), ciglioni (ampi gradoni che servono ad interrompere i crinali scoscesi), sentieri, regimazione dei fossi.


esempio di "lunettamento"



Inoltre è iniziato il recupero a marroneta di una parte della proprietà che era stata
abbandonata dopo il taglio di castagni secolari, forse dovuto ad epidemie delle piante o alla vendita del legname per fare il tannino, necessario alla concia delle pelli. Sono stati liberati dal selvatico i pochi marroni domestici rimasti e si sono innestate le giovani piante di castagno (selvaggioni). Alcune piante di castagno selvatico sono state preservate perchè utili all'impollinazione del Marrone, questi infatti è sterile e ha bisogno dei castagni selvatici per poter fruttificare.

Ginestra del Carbonaio
                                                                          tipica pianta colonizzatrice del sottobosco



Attraverso pratiche agricole adeguate, si cerca di mantenere e favorire la normale fertilità del suolo boschivo senza usare nessuna sostanza estranea al ciclo naturale: i residui dello sfalcio erboso, le foglie, i ricci ed i piccoli rami vengono il più possibile lasciati sul terreno cosicchè decomponendosi vadano ad incrementare l'humus.

A macchia di leopardo, piccoli appezzamenti vengono lasciati crescere in modo selvatico così da contrastare gli effetti negativi della monocoltura castanicola e conservare un livello accettabile di biodiversità, sia animale che vegetale.

Queste sono le pratiche agricole che il metodo biologico ammette ed incoraggia, va ricordato che anche il disciplinare cui bisogna attenersi per avere il riconoscimento dell’IGP permette soltanto l’uso di concimi organici e fitofarmaci naturali.